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    Nuoto, doping: positivo l'azzurro Di Giorgio

    ROMA – Alex Di Giorgio è risultato positivo a un controllo antidoping effettuato a sorpresa da Nado Italia, lo scorso 13 settembre a Livigno durante un collegiale nazionale. Il nuotatore azzurro è stato sospeso in via cautelare dalla Prima Sezione del Tna, in accoglimento dell’istanza proposta dalla Procura Nazionale Antidoping, e adesso rischia quattro anni di squalifica.Positivo alla OstarinaIl test a sorpresa ha rivelato la presenza di Enobosarm (Ostarina), sostanza che aiuta a guadagnare muscolatura e favorisce la prestazione in allenamento, producendo effetti simili agli steroidi senza gli stessi effetti collaterali. Alex Di Giorgio è un classe 1990, specialista nei 200 e 400 metri stile libero, e ha disputato le Olimpiadi di Londra 2012 e quelle di Rio de Janeiro nel 2016, decimo e nono nella staffetta 4×200 stile libero. Nel suo palmares internazionale vanta un argento europeo, uno alle Universiadi e tre ori ai Giochi del Mediterraneo. LEGGI TUTTO

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    Nuoto, Federica Pellegrini e Matteo Giunta mano nella mano: tra i due è amore

    ROMA – Il rapporto fra Federica Pellegrini e Matteo Giunta non è solo professionale, ma ben più profondo. La stella del nuoto azzurro e il suo allenatore sono infatti stati immortalati mano nella mano, durante una serata romantica, nella Capitale. Felici e innamorati, tanto da non curarsi della eventuale presenza di “paparazzi” nel lasciarsi sorprendere in teneri atteggiamenti.Giunta allenatore di Federica e cugino di MagniniLo scoop è del settimanale ‘Chi’, in edicola da oggi, che con questo servizio in pratica ufficializza il legame. Da tempo si rincorreva la voce di una loro liaison non solo in ambito professionale, anche perché i due avevano partecipato a diversi eventi pubblici insieme, ma la Divina aveva sempre glissato sull’argomento. E’ vero che l’anno scorso aveva parlato del desiderio di mettere su famiglia appena dopo le Olimpiadi di Tokyo 2020 (poi rinviate all’anno prossimo a causa del Coronavirus), facendo intendere che qualcuno nella sua vita c’era, ma niente nomi o conferme, ma nemmeno smentite. Ora queste immagini in esclusiva tolgono i residui dubbi sulla relazione con il tecnico pesarese, fra l’altro cugino di Filippo Magnini, ex fidanzato della Pellegrini e oggi neo papà di Mia, la bambina avuta da Giorgia Palmas.Altri Sport LEGGI TUTTO

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    Coni, Bach: “Legge sport non rispetta Carta olimpica. A rischio medaglie a Tokyo”

    ROMA- “Siamo molto preoccupati riguardo la situazione e il funzionamento del Coni. E questa preoccupazione sta crescendo. Abbiamo scritto una lettera al ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, rappresentando la seria preoccupazione perché vediamo che con questa legge il Coni non è conforme alla Carta Olimpica. In questo momento vediamo un rischio impattante sulla preparazione degli atleti olimpici dell’Italia per le Olimpiadi di Tokyo: questo può significare meno chance di medaglie per l’Italia”, parole (durissime) del presidente del Cio Thomas Bach sulla riforma dello sport in iter di discussione da mesi ormai. Bach ha parlato a lungo in una conferenza stampa in occasione dei Mondiali di ciclismo a Imola dove erano presenti anche Giovanni Malagò e Francesco Ricci Bitti.Il Cio potrebbe sospendere il comitato olimpico italiano, gli azzurri non potrebbero gareggiare alle Olimpiadi sotto la bandiera tricolore ma solo l’egida del Cio. Niente inno di Mameli. Inoltre il Cio ha promesso quasi un miliardo a Miano-Cortina 2026, e questa cifra potrebbe tornare in discussione. “Siamo molto preoccupati sulla non funzionalità del Coni, che non è conforme alla Carta olimpica. Questo significa che siamo anche molto preoccupati per la preparazione e l’organizzazione delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. Capisco che ora il Coni sta cercando un’altra soluzione, per riuscire a soddisfare i requisiti minimi, quindi essere in accordo con la carta olimpica e soddisfare. Il segretario generale del Coni ha bisogno di essere messo in condizione di lavorare nel pieno delle sue funzioni.Ora invece il segretario generale è soggetto alle istruzioni di società esterne al Coni”. Così il presidente del Cio Thomas Bach, riferendosi alla situazione del Coni in relazione all’ente pubblico Sport e Salute. Anche in passato il segretario generale (Carlo Mornati) dipendeva da Coni Servizi, che tuttavia era società operativa del Coni, mentre Sport e Salute è indipendente dal Coni e a rischio, secondo il numero uno dello sport mondiale, c’è anche l’operatività in diversi settori strategici: “Anche il marketing – sottolinea Bach – impatta sui cerchi olimpici e non può dipendere da società esterne. Speriamo che una soluzione venga raggiunta molto presto, perché Tokyo non aspetta e Milano-Cortina non aspettano”, ha spiegato ancora Bach, mai così pesante sulle inadenpienze del governo italiano. “Al momento c’è un incontro programmato (con il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, ndr) per il 15 ottobre, ma molto amichevolmente dico che oggi non ci sono le condizioni per farlo. Al momento non abbiamo ricevuto una risposta dal ministro riguardo le preoccupazioni che avevamo espresso in precedenza”, così ancora Bach. Il ministro nei giorni scorsi aveva garantito che col Cio era tutto a posto. Dalle parole di Bach, non sembra affatto.Mercoledì 30 Spadafora incontrerà i partiti di Maggioranza per un ennesimo vertice: Pd e Italia Viva contestano alcuni punti della riforma che rischia di arenarsi. Lo stesso giorno vertice al Coni coi presidenti di Federazione, sempre più infuriati.  LEGGI TUTTO

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    Riforma sport, Spadafora attacca Malagò: “Richieste fuori dalla legge”

    ROMA – Guerra aperta. Il ministro dello sport, Vincenzo Spadafora, ha scritto nella tarda serata di ieri una dura lettera di risposta a Giovanni Malagò, dopo il documento del Coni e delle Federazioni che aveva bocciato il testo unico della legge di riforma. Nella lettera Spadafora puntualizza tra l’altro a Malagò: “Le vostre richieste esulano dai criteri e dai principi contenuti nella legge sullo sport che il governo è tenuto rigorosamente a rispettare”.”Ho il dubbio che la negatività dei vostri giudizi sul testo unico della legge di riforma dello sport dipenda dal rinnovamento della governance” spiega in sostanza Spadafora al presidente del Coni Giovanni Malagò nella lettera che gli ha inviato (e per conoscenza girata ai parlamentari di maggioranza che seguono la vicenda) nella tarda serata di ieri. “D’altronde – dice ancora il ministro, attribuendo al limite dei mandati delle cariche sportive l’origine del contrasto con il Coni – negli ultimi mesi ho personalmente potuto constatare quale fosse la cifra delle preoccupazioni della classe dirigente che mi è sembrata in molte circostanze restia al cambiamento e all’apertura verso nuovi equilibri”. Molti presidenti di Federazione comunque sono stati rieletti ben oltre al terzo mandato, il limite che vorrebbe il ministro. Improbabile una norma retroattiva (siamo in Italia). Gianni Petrucci, n.1 del Basket e per 14 anni del Coni, l’altro giorno aveva parlato di “mobilitazione”: molti presidenti potrebbero essere con lui anche se Malagò ha smentito la parola “sciopero”. Molte Federazioni inoltre ritengono che da parte del ministro ci stia stato un eccesso di delega e che quindi sia lui fuori dai dettami di quanto stabilito dalle disposizioni in “materia di ordinamento sportivo” lo scorso anno. Anche alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle avevano contestato al ministro un eccesso di delega, tanto che Spadafora aveva minacciato le dimissioni poi congelate dal premier Conte. Poi, il caso era rientrato. Secondo alcuni giuristi, consultati dalle Federazioni sportive, Spadafora sarebbe fuori dai contorni della legge.Spycalcio LEGGI TUTTO

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    Pogacar e gli altri: gli eletti che fanno l'impresa al primo colpo

    ROMA – Se lo sport è fatica, impegno, sudore, costanza e perseveranza. Se è sbagliando che si impara. Se, citando Churchill, il successo è passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo. Insomma, se per vincere si deve passare da anni di sacrifici e bocconi amari, quando a essere il primo della classe è un debuttante, il castello retorico su cui si regge lo sport viene scosso nelle sue fondamenta. Con la vittoria nel Tour de France, Tadej Pogacar, 22 anni appena compiuti, ha realizzato una piccola serie di capolavori: primo sloveno a portarsi a casa la maglia gialla, secondo più giovane vincitore nella storia della Grande Boucle dopo Henri Cornet, che nel 1904 fu campione a 19 anni ma a tavolino dopo aver chiuso quinto in classifica. Era dal 1983 che la vittoria del Tour non andava a un esordiente (Fignon), e dal secondo dopoguerra era successo solo altre sei volte: a Robic, Coppi, Anquetil, Gimondi, Merckx e Hinault. Nomi di un certo calibro, che messi insieme fanno 45 trionfi tra Tour, Giro e Vuelta e che stanno lì a sottolineare la portata dell’impresa di Pogacar. Che, quando parteciperà alla Corsa rosa, potrà provare a eguagliare il primato di Coppi e Hinault, gli unici a centrare il successo al debutto sia al Tour che al Giro.Sì, perché vincere al primo colpo non è mica facile: non c’è riuscito Michael Phelps, il re delle Olimpiadi (28 medaglie, di cui 23 ori) che però all’esordio a Sydney restò a bocca asciutta. Non ce l’ha fatta John McEnroe, il tennista più titolato della storia, che a 18 anni partì dalle qualificazioni di Wimbledon e arrivò fino in semifinale, dove venne battuto da Connors. Niente da fare nemmeno per Michael Schumacher, che vinse il primo dei suoi sette Mondiali alla quarta stagione in Formula 1. E Lewis Hamilton, che si accinge a raggiungere il tedesco in vetta alla classifica dei piloti più titolati, nel 2007 andò vicinissimo a farcela al primo tentativo ma nel decisivo Gp del Brasile pagò l’inesperienza e chiuse secondo dietro Raikkonen. Per rimanere in ambito F1, resiste da quasi sessant’anni il primato di Giancarlo Baghetti, unico pilota a vincere un Gran Premio (in Francia) al suo esordio assoluto. Se si passa dalle quattro alle due ruote, il discorso non cambia molto: Giacomo Agostini ha vinto il suo primo Mondiale alla quarta stagione nella classe 350 e alla seconda nella 500. E anche Valentino Rossi ha avuto bisogno di un anno di rodaggio prima di trionfare in tutte le classi in cui ha corso. Solo Kenny Roberts (1978) e Marc Marquez (2013) hanno preso tutto e subito, conquistando il Mondiale piloti all’esordio nella classe regina.Questo breve e volutamente incompleto elenco sta a dimostrare che non sono le qualità del singolo sportivo a essere in discussione. Semplicemente, ognuno ha il suo tempo: chi oserebbe criticare Roger Federer e Novak Djokovic, che alle loro prime esperienze nei tornei dello Slam non riuscirono a portare a casa la vittoria? L’unico che potrebbe farlo è Rafa Nadal: tra lui e la terra rossa del Roland Garros fu amore a prima vista già nel 2005, quando il maiorchino aveva appena 19 anni. E chi mai potrebbe rinfacciare a Usain Bolt di non aver portato alla Giamaica nessuna medaglia ai suoi primi Giochi ad Atene? Forse non ci sarebbe riuscito neanche il figlio del vento Carl Lewis, che a Los Angeles 1984 vinse 4 ori ma era stato selezionato anche per Mosca 1980, prima che il boicottaggio deciso dal presidente Carter facesse saltare la partecipazione degli Stati Uniti.Una doppia prima volta è stata quella dell’azzurra Ondina Valla: ai suoi primi Giochi, l’atleta che il padre aveva battezzato Trebisonda in omaggio all’amata città turca vinse l’oro negli 80 metri ostacoli. Erano le Olimpiadi di Berlino 1936, e Ondina conobbe anche Hitler, ma non capì cosa le disse perché non parlava il tedesco. Quella vittoria fece di Valla la prima italiana a vincere un oro olimpico e la trasformò in un simbolo per le ragazze nell’Italia mussoliniana, seppure il regime, appoggiato dal Vaticano, non fosse del tutto favorevole alla partecipazione femminile allo sport. Buonissima la prima ai Giochi anche per Marco Galiazzo, che ad Atene 2004 diventò il primo italiano a vincere l’oro nel tiro con l’arco (e bissò nel 2012 nella gara a squadre) e per Daniele Garozzo, trionfatore nel fioretto individuale a Rio 2016. Senza dimenticare le Olimpiadi invernali: d’obbligo citare Alberto Tomba e i due ori a Calgary 1988 nello slalom gigante e nello slalom speciale, con tanto di interruzione da parte della Rai della diretta del Festival di Sanremo per trasmettere la manche decisiva dal Canada. Ma anche Sofia Goggia, che a Sochi 2014 era andata in veste di commentatrice tecnica dopo la rottura del crociato, si prese la sua rivincita quattro anni dopo a Pyeongchang con l’oro nella discesa libera.A proposito di Olimpiadi: se si fossero tenute nel 2020, forse Tokyo sarebbe stato un traguardo troppo prematuro per Benedetta Pilato, piccolo fenomeno del nuoto azzurro che ha già battuto il record di precocità di Federica Pellegrini debuttando ai Mondiali di Gwangju 2019 a 14 anni e sei mesi e vincendo l’argento nei 50 rana. Ma con il rinvio al 2021 a causa del coronavirus, la pugliese vede il Giappone come un obiettivo più concreto: ai suoi primi Giochi (Atene 2004), Federica Pellegrini chiuse con un argento nei 200 stile libero. Occhio a Baby Benny. LEGGI TUTTO

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    Riforma sport, Spadafora: “Basta con i baroni, Barelli scelga se fare il presidente della Fin o il deputato”

    ROMA – Il documento di critica alla Legge dello sport con una lettera che ha come primo firmatario il presidente della Fin, Paolo Barelli, è “un atto di sfiducia di fatto al presidente Malagò”: lo spiega in una nota il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, che parla di certa dirigenza sportiva come “ultima casta dei baroni”. “Se vuole essere conseguente con quanto dice, il presidente deputato Barelli, ben prima che entri in vigore la riforma, scelga una delle due cariche: presidente della FIN o deputato di Forza Italia. Solo così potrà difendere davvero l’autonomia dello sport dalla politica”.”Il Testo Unico di Riforma dello Sport sta finalmente facendo emergere tutte le contraddizioni di quella che è davvero l’ultima casta di baroni, che si sente intoccabile e che sta cercando di resistere con le unghie e con i denti ad ogni tentativo di riforma”. Si apre così la nota del ministro, che continua: “Voglio rassicurare tutti gli sportivi, i lavoratori, i tifosi e gli appassionati che nulla hanno a che fare con questa casta e che in migliaia mi scrivono per invitarmi a proseguire l’azione di cambiamento, che la riforma è principalmente per loro: valorizzazione dello sport di base, sostegno alle ASD e SSD, centralità del ruolo degli Enti di Promozione Sportiva, tutela dei lavoratori sportivi, professionismo femminile, sono solo alcuni dei punti qualificanti che evidentemente poco interessano ad alcuni vertici dello Sport”. “Si parla tanto di autonomia dello sport dalla politica: sono talmente d’accordo che abbiamo voluto inserire l’incompatibilità tra i vertici del mondo sportivo e le cariche politiche, oltre al numero massimo di mandati per i presidenti di Federazione e del Coni – prosegue Spadafora -. Sarà forse per questo che oggi il presidente della Federazione Italiana Nuoto, in carica dal lontanissimo 2000 e che si è appena fatto rieleggere – da candidato unico – per prevenire gli effetti della riforma, si è fatto capofila di un documento di critica che a me non è arrivato, ma che è stato distribuito agli organi di stampa. Sottolineo che questo contraddice quanto deciso da loro alcune settimane fa, ovvero il voto unanime dei presidenti di Federazione che conferiva al presidente del Coni il mandato di unico interlocutore del Governo sul tema, ed è un atto di sfiducia di fatto al presidente Malagò, ma questo non riguarda certo il Governo”.”Se vuole essere conseguente con quanto dice, il Presidente deputato Barelli, ben prima che entri in vigore la riforma – afferma Spadafora – scelga una delle due cariche: presidente della FIN o deputato di Forza Italia. Solo così potrà difendere davvero l’autonomia dello sport dalla politica. Oggi Barelli Presidente FIN gestisce la sua Federazione e i suoi eventi grazie ai soldi erogati dal Governo che deve, attraverso le sue strutture, vigilare sul buon utilizzo; dall’altro lato Barelli deputato può convocare e audire in Commissione o in Aula, alla Camera o al Senato, il Ministro e le altre strutture preposte alla vigilanza sulla sua Federazione incidendo e contrastando l’attività del Governo. Non è un enorme, evidente conflitto di interessi?”. “Da quel che mi dicono, poi-continua il ministro-, il documento si scaglia anche contro le tutele e le garanzie per i lavoratori, che dovrebbero, a loro dire, continuare ad essere lavoratori senza alcuna tutela – sottolinea il ministro -. Questo è il momento in cui ogni forza politica di maggioranza, a partire dalla mia forza politica, che della lotta alle caste, alle lobby e ai conflitti di interesse ha fatto un marchio distintivo, dovrà dimostrare di volere il bene del mondo dello sport”.Il prossimo giovedì Giunta e Consiglio Nazionale del Coni: si sta lavorando ad un documento comune, ma in realtà non c’è sfiducia nei confronti del n.1 del Coni, anche se i suoi rapporti (pessimi) con Barelli non si scoprono oggi. Malagò ha ribadito di stare coi presidenti. E quasi tutti la pensano come lui sulla riforma. Questo il problema, una riforma respinta al mittente. I presidenti sono contro Spadafora, difficilmente porterà a termine il suo progetto. Non ha nemmeno un grosso consenso politico, e lo sa. ”La presa di posizione delle Federazioni sportive nazionali, che segue quella degli Enti di promozione sportiva di qualche giorno fa, come forze politiche di maggioranza non ci può e non ci deve lasciare indifferenti. Stiamo parlando della rappresentanza di migliaia di società sportive e centinaia di migliaia di atleti affiliati”. È quanto affermano Patrizia Prestipino e Andrea Rossi, della commissione Sport della Camera, e il deputato dem ed ex ministro dello Sport, Luca Lotti. “Si tratta, dunque, di una infrastruttura sociale straordinaria del nostro Paese, che si adopera quotidianamente per la crescita educativa, sportiva e sociale delle nostre comunità -prosegue la nota-. Per queste ragioni, trovandoci ancora oggi in una fase del percorso di scrittura del testo unico per lo sport non definitiva, siamo certi che ci siano le condizioni per un confronto e una discussione utile a raccogliere le istanze che arrivano da tutto il mondo dello sport”.  LEGGI TUTTO

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    Leclerc, Fognini e quegli sfoghi da bar: quando il campione è ostaggio della frustrazione

    Mentre si disquisisce sulla traduzione corretta del “come on, putain de sa race” di Charles Leclerc con interpretazioni che vanno dal gergale “Andiamo, che gara del ca***” fino all’apocalittico “Maledetto tu e tutta la tua stirpe”;  vien qui da chiedersi se oltre il pettegolezzo e il finto stupore delle belle gioie queste imprecazioni rubate – via radio nel caso del pilota – e poi centrifugate dai social non ci aiutino invece ad avere più chiaro (e quindi a comprendere) il tormento che agita il campione quando è ostaggio della frustrazione e non gli resta che maledire qualcuno, qualcosa, il fato avverso, il mondo che va storto, la piaga delle locuste, la Ferrari più sgangherata degli ultimi decenni.La gaffe di AlonsoL’imprecazione di Leclerc non assume il contorno di ira funesta solo perché non c’è epica attorno, ma fallimento e desolazione. Non è odio, bensì stizza, lo stesso veleno che animava il collega Fernando Alonso quando qualche anno fa commentava in team radio le prestazioni del motore Honda. Parlando in corsa con l’ingegnere della McLaren lo definiva “Gp engine” e “imbarazzante”, fino al famoso “non ho mai corso con così poca potenza in tutta la mia vita”. Pure in Ferrari Alonso – nel 2013 – venne colto con le mani nella marmellata e l’audio privato diventò pubblico. Prove libere di Monza, diverbio con il muretto, problemi con Felipe Massa. La frase: “Quindi c’era da lasciarlo passare. Siete dei scemi. Mamma mia ragazzi”. Imbarazzo in Ferrari, “dei scemi” fatto passare per “dei geni”, ma insomma, la gaffe resta.La scenata di FogniniEppure parliamo di sfoghi certamente più sobri rispetto alla scenata da cartone animato di Fabio Fognini un anno fa, campo 14, periferia di Wimbledon. “Ma è giusto giocare qua? Maledetti inglesi… Scoppiasse una bomba su sto circolo, una bomba deve scoppiare!”. Self-control, anche no. Riprese rubate dal telefonino di un giornalista, poi mandate in rete con i sottotitoli in inglese. Shit-storm, ma Fognini direbbe tempesta di mer**. Ci fu uno che postò una foto dell’All England Club devastato dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale; giusto per far capire a Fognini che forse era meglio evitare il riferimento. Il problema – quando spunta il sonoro – è che per evitare figure barbine, bisognerebbe usare un po’ di ironia. La usò Seb Vettel al Gp di Sochi, settembre 2019. Sta per vincere, al 28° giro la Ferrari ha un problema, gara finita. Sarcastico il pilota via radio, quando si rivolge ai box: “”Ridatemi il f*****o V12”. Ora, dovete sapere che il V12 era un motore usato dalla Ferrari negli anni ’90. Ancora l’insospettabile Vettel durante la Q2 di un Gp di Monaco: “The car is jumping like a Rabbit.”. La macchina sta saltando come un coniglio, appunto.Maradona re ferito, Baggio contro SacchiBen diverso il titanico furore contenuto nel celebre “Hijos de puta” sputato da Maradona in faccia agli italiani che stavano fischiando l’inno argentino, la notte della finale di Italia 90 all’Olimpico. El PIbe ostentava una posa tracagnotta e superba ma era un re ferito, senza corona e senza scorta (giocare con a fianco Basualdo e Serrizuela era già una resa). Livido nel suo dolore lo sibilò due volte, scandendo bene le parole. E quel “Hijos de puta” riecheggiò in  mondovisione. Allo stesso modo dell’esclamazione di sincera sorpresa – “Ma questo è matto” – del labiale rubato con cui Roby Baggio commentò la decisione di Sacchi di sostituirlo al Mondiale di Usa ’94 contro la Norvegia. Era stato espulso Pagliuca, serviva un portiere, andava tolto un azzurro. Sdraiati sul divano pensammo tutti la stessa cosa. Ma Sacchi non era matto, ragionava da allenatore. A proposito di liti giocatori-allenatori: se il “vaffa” con la mano di Chinaglia a Valcareggi (Mondiali 1974) è materia per educande, si udì nitido il “Questo è per te stron**” con cui Ravanelli – novembre 1994 – si rivolse a Lippi dopo un gol all’Euganeo di Padova.La rabbia di McEnroeC’era ancora la cortina di ferro quando John McEnroe – “Superbrat” come lo chiamavano gli inglesi, la “Superpeste” – urlò un “te ne pentirai di avermi colpito, fot….comunista” al collega cecoslovacco che involontariamente gli aveva scagliato addosso la pallina; e chissà quale rabbia lo colse quando nel 1984 – al 250 di Stoccolma – ebbe una crisi di nervi inveendo contro il giudice di sedia: “Answer my question. The question, jerk!”. Letteralmente: “Rispondi alla mia domanda. La domanda, cretino!”. In fondo però ci sono anche imprecazioni fraterne, usate a mo’ di stimolo. Come quelle che Kobe Bryant – uno che ridendo ammise di offendere gli avversari in quattro-cinque lingue, nella NBA si chiama trash-talking – rivolse al compagno dei Lakers, Sasha Vujacic, in gara 3 contro i Boston, nel giugno 2010. Vujacic ai liberi, l’urlo di Kobe alle sue spalle. “Se vuoi averlo devi segnare caz**! Stron**!”. Ma detto con tutto l’affetto di questo mondo. LEGGI TUTTO